- JJ Aeschlimann
IL MIO MONDO E' CAMBIATO MA IL GIOCO DI SQUADRA RESTA
Updated: Mar 29, 2021
La regular season è ormai agli sgoccioli e nell’aria già si sente profumo di playoff. O perlomeno di pre-playoff. Le piste, però, rimangono desolatamente vuote. I piani di protezione messi in atto durante la scorsa estate hanno avuto vita breve ed i club navigano in un mare di incertezze anche a livello organizzativo. Ne sa qualcosa Jean- Jacques Aeschlimann, direttore operativo dell’HC Lugano: «Da un anno a questa parte – spiega J.J. – il mio mondo è cambiato. Oltre alle mie normali mansioni di direzione, ho dovuto occuparmi dei piani di protezione per il pubblico e per i giocatori. L’obiettivo era e rimane quello di evitare il più possibile delle quarantene, anche se la pratica in seguito ha dimostrato che era di fatto impossibile evitarle del tutto. Con questa pandemia il nostro lavoro può arrivare fino a un certo punto, ma ci sono poi delle situazione che nessuno può influenzare e controllare».

Tra piani e bolle
Per Aeschlimann e il suo team la scorsa estate è stata tutt’altro che riposante: «Abbiamo dovuto prevedere vari scenari e piani: con zero spettatori, con 1’000, con pista piena e con pista occupata per due terzi. Non è stato evidente preparare il piano di protezione definitivo da presentare al Cantone, che l’ha poi accettato». In molti pensano a quella che avrebbe dovuto essere la protezione degli spettatori, ma il lavoro più importante è stato quello legato alla salute dei giocatori: «Assolutamente sì. Da un lato abbiamo dovuto implementare le direttive della Federazione per quanto riguarda la protezione della prima squadra, degli U20 Elit e degli U17 Elit. In più c’è stata l’organizzazione di tutto il settore giovanile e ogni squadra aveva esigenze e piani diversi. Senza contare che ogni due settimane il concetto cambiava e dovevamo adattarlo». Oggi Jean-Jacques Aeschlimann lavora per garantire la salute dei giocatori della prima squadra in vista della seconda parte della stagione: «E' un lavoro in continua evoluzione. Con l’apparizione delle varie varianti del virus, per esempio, abbiamo dovuto adottare misure ancora più severe. Per quanto riguarda i playoff o i pre-playoff – oltre all’applicazione dei piani di protezione già esistenti – si è deciso per un concetto di «doppia bolla». Le misure non sono ancora definitive: a breve la Federazione e la task- force che si occupa delle questioni legate all’hockey ci presenteranno un documento finale. Il mio compito, insieme al direttore sportivo Hnat Domenichelli, sarà quello di parlare alla squadra in modo da spiegare ad ogni singolo giocatore quali saranno esattamente i piani di protezione durante il post-season».
Situazione frustrante
Intanto i tifosi dovranno accontentarsi di guardare le partite dei playoff in televisione. E pensare che, a detta di tutti, la protezione del pubblico era stata studiata nei minimi dettagli. Ma dopo sole tre partite casalinghe è arrivata la mannaia del Consiglio Federale: «Tutto ciò che è stato fatto non è però da buttare via. Se l’hockey dovesse ripartire con le piste occupate solo in parteavremmo un concetto di protezione già pronto, che dovremmo solo adattare per migliorare ciò che non era funzionato alla perfezione. Certo, quando il Governo federale ha deciso di chiudere nuovamente le piste la delusione è stata grossa. E' stato frustrante, come se tutto il lavoro effettuato non fosse servito a nulla».
Emozioni e tifosi
Senza spettatori i club si trovano in una situazione oggettivamente complicata. Alcune settimane fa la presidente Vicky Mantegazza ha lanciato un appello ai tifosi bianconeri. Riportare il pubblico in pista non sarà una sfida facile: «Prima di tutto vorrei ringraziare quei tifosi che hanno sottoscritto l’abbonamento stagionale nonostante le grandi incertezze legate alla pandemia di coronavirus. Si tratta del nostro zoccolo duro, sul quale possiamo sempre contare. Per quanto riguarda il futuro, non sarà per nulla evidente riportare alla Cornèr Arena quegli spettatori che si erano avvicinati all’HC Lugano con affetto ma senza quella passione che anima il nostro zoccolo duro. Un anno senza hockey può sicuramente portare a una certa disaffezione». Anche perchè l’hockey senza pubblico non è vero hockey: «Posso mettermi senza problemi nei panni dei giocatori: nel 2001, con il Lugano, avevo giocato un paio di partite a porte chiuse a causa dei fatti avvenuti al termine dei precedenti playoff contro gli ZSC Lions.E' una sensazione molto strana e adesso ho l’impressione che i giocatori si siano abituati ad una certa routine senza emozioni. Non ci sono storie: è il pubblico a creare le emozioni in una pista. Quando per lavoro assisto ad una partita del Lugano senza spettatori, provo un’infinita tristezza. Ed è molto difficile lasciarsi coinvolgere da ciò che accade sul ghiaccio. In questo periodo mi sono allora concentrato su altre attività: per puro hobby, per esempio, sono diventato responsabile dei giornalisti per l’evento The Executive Award, che mi permette di rimanere vicino al mondo economico».
Una nuova sfida
Oltre alla passione per lo sport e per l’hockey in particolare, Jean-Jacques Aeschlimann ha deciso di scendere in campo anche in politica. E si è candidato per il PLR al Consiglio comunale di Lugano: «Ci ho pensato tanto prima di compiere questo passo. Di base sono però una persona a cui piacciono le sfide. Quando sono arrivato a Lugano da Bienne, nel 1991, questa città mi ha immediatamente adottato. Non mi sarei mai aspettato un’accoglienza del genere. Mi sono affezionato moltissimo a Lugano, vivo qui ormai da trent’anni e adesso vorrei ridarle qualcosa dopo aver ricevuto tanto. Ho riflettuto parecchio anche sulla scelta del partito. Si dice che sia lacerato da gravi spaccature interne: io penso invece che il confronto porti spesso e volentieri alle migliori soluzioni per i cittadini». Alla fine, in un certo senso, sport e politica un po’ si assomigliano: «Assolutamente sì. Anche perchè lo sport di fatto è estremamente politicizzato. L’ ho vissuto da dirigente nelle varie riunioni di Federazione e Lega e quindi per me questo non è un mondo nuovo. E poi anche in politica a fare la differenza – come nell’hockey – è il gioco di squadra. In questo senso ricordo con piacere una frase che ci ripeteva spesso Latrry Huras, tratta dal «Libro della giungla» di Rudyard Kipling: «La forza del branco è il lupo e la forza del lupo è il branco». Un concetto vero nello sport come in politica».